Primo atto.
La scena è illuminata fiocamente e al centro c’è un futon sfatto e una donna in pigiama sdraiata sopra il piumino. Intorno a lei libri, una scatola di Kleenex, una scatola di biscotti e un tubetto di medicine. La donna si alza a sedere sul letto e si sistema i cuscini dietro la testa, poi si appoggia e rannicchia le ginocchia sotto il mento. Sottofondo ad accompagnare i gesti la canzone “Cinque giorni che ti ho perso” di Michele Zarrillo e piano piano la luce aumenta e poi sarà uno spot su di lei e sul letto, luce fredda. Prima che la donna inizi a parlare la musica sfuma.
(seduta sul letto, soffiandosi il naso, vigorosamente)) Stupida, stupida, stupida! Ma come ho fatto a non… (soffiata di naso) a ridurmi in questo stato. Me lo chiedo, si, me lo chiedo da giorni. E la risposta la conosco eh, e la conoscevo anche prima…è dall’inizio che lo so, che lo sentivo, che lo vedevo negli occhi di mia madre, di Anna, dei colleghi. Ma io no, no certo, io… (si asciuga le lacrime con rabbia) io credevo, ma poi… cosa credevo? Di essere speciale? Diversa? Mi-glio-re, addirittura? Una povera cretina, come tutte quelle che ci sono passate prima di me. (prende un altro Kleenex e lo appallottola senza usarlo) Ma si può essere così, così…no, illuse non è la parola… arroganti, ecco! Nella mia totale imbecillità e sprovvedutezza alla fine ero arrogante, per forza! Chi mi avrebbe biasimato, allora? (scimmiottando la voce di un uomo innamorato)
“Sei bella, Cri. Sei così bella che non riesco a guardarti a lungo. Devo distogliere gli occhi. Mi perdo dentro di te” (raddrizzandosi a sedere di colpo) E come no!? Si è visto come ti sei perso, brutto stronzo carogna pezzo di merda. ( si alza dal letto ma resta lì accanto e prende in mano il tubetto di pastiglie; gioca con il coperchietto aprendolo e chiudendolo, compulsivamente) Ma poi chissà perché me la prendo con lui, in fondo non è colpa sua se io sono tanto scema… eh sì che ne avevamo parlato fino alla nausea con Anna, pomeriggi in ufficio e poi serate al telefono o davanti a un Negroni, a girare e rigirare nella bocca sempre le stesse frasi che no, a noi no, non sarebbe mai potuto succedere e Giulia non si apprezza e per forza che poi li trova tutti stronzi, e Carla, ma ci pensi? Si è tirata in casa quel ragazzetto mezzo scemo. Ma con che criterio dico io, si lamenta? E di che ti lamenti cretina? C’ha dieci anni meno di te, non lo sapevi quando te lo sei scopato la prima volta? Che poi per farci sesso va anche bene, non dico di no, ma a casa? Te lo dovevi proprio portare a casa? Non ti è venuto in mente che magari tuo figlio si sarebbe incarognito? Un adolescente che vede sua madre che sbaciucchia e vezzeggia un tizio che se va bene ha più o meno la sua stessa età… eh certo che poi ti fa casino. E Sandra, no dico? Ne vogliamo parlare… un giorno sì e uno no arriva con un livido nuovo e se le chiedi cosa è successo, una volta è la porta dell’ascensore, una volta una gomitata sull’autobus, che poi scusa, ma lei non viene a lavorare in motorino? (anche qui scimmiottando una voce, cinguettante e un tantino isterica) Ma Enzo la ama, la ama che non lo sappiamo quanto, tutta invidia che noi un uomo così ce lo sogniamo. E come no.
(si risiede sul letto e si versa due pastiglie nel palmo della mano, sta per infilarle in bocca ma si guarda intorno e scuote la testa)
Ecco, non c’è l’acqua, l’ho lasciata in cucina, non ci vado, ma senz’acqua non sono capace… eppure mia madre prende tutte le medicine senz’acqua, un colpo di testa all’indietro, nemmeno fosse stata tamponata da un tir, e via. (rimette le pastiglie nel tubetto) Io no, niente da fare, lascerò che il mal di testa mi uccida, tanto… dolore più dolore meno. (si rannicchia in posizione fetale e ricomincia a piangere) Una laurea, una carriera, uno stipendio niente male (tira su col naso) le amiche che non mi sono mai mancate, qualche uomo per passare un po’ il tempo o per fare l’amore, le mie storie importanti quelle sì, chi lo nega? Ma un amore un amore, forse non era mai arrivato. Ormai chi se lo aspettava? Sarà per quello che mi ha fregata così bene, alla grande, perché avevo abbassato la guardia? (si soffia il naso) Oddio, se è per questo avevo abbassato, e di molto anche le mie aspettative. Pochi sogni e anche quelli coi piedi per terra. (si tira di nuovo a sedere e arraffa un fazzoletto allungandosi dall’altra parte del letto) Ecco qui, a ben vedere, se proprio volessi potrei indovinare l’impronta della tua nuca sul cuscino. (accarezza la federa) Il profumo c’è ancora, lo sento la notte quando cerco di dormire. Nel buio si insinua più forte (accarezza ancora il cuscino e si sposta col corpo dall’altra parte del letto)… i profumi sono bastardi, ti portano in un attimo nel bel mezzo di un… ( molla un pugno sul cuscino e si tira a sedere) di un cosa? Nel bel mezzo di… ? Del tuo incubo peggiore, ecco dove. Dignità, amor proprio, rispetto di sé: tutto un bel falò con le fiamme che divampano alte. E lui lì, spettatore della prima fila, a godersi lo spettacolo, sapendo che la scena è allestita per lui… che trionfo! (un altro Kleenex preso e appallottolato) Stupida, stupida, stupida!
Buio.
Secondo atto.
Il letto è illuminato dallo stesso spot della prima scena, luce fredda e si sente la canzone “Io posso dire la mia sugli uomini” di Fiorella Mannoia.
(in piedi, accanto al letto, sta togliendo i libri e i Kleenex dal letto, prende i biscotti e li mette sul comodino e poi si siede con le spalle appoggiate al cuscino che ha sprimacciato e risistemato contro la spalliera del letto. La canzone sfuma)
Ci ho pensato talmente tante volte a quel primo incontro che ormai ce l’ho inciso nel cervello. Lui è stato un genio da subito, sembrava che avesse una strategia e che fosse abituato a seguirla senza deroghe. Io l’idiota di turno, tutta sorrisi e fremiti. Mai stata così io, fra parentesi. Guardavo Anna che mi guardava dall’altra parte della stanza e sentivo la sua disapprovazione come un foulard sulle spalle. Ma io no, che ti credi? Che mi faccio smontare dagli occhi storti di un’amica mentre un gentleman di vecchio stampo e per di più bellissimo sta cercando di abbordarmi? Che poi ero già innamorata e lui aveva detto si e no dieci parole: “Piacere, Paolo. Sei un incan.., scusi .. lei è un incanto…” e io, con la voce di una bambina scema e gli occhi persi sulle sue mani che mi porgevano un bicchiere “figurati, ma dammi pure del tu… sono lusingata” LUSINGATA? Ma che cazzo di parola è? Non l’avevo forse mai usata prima, e quel modo di fare la smorfiosa, da dove veniva? Ecco, per dire, non ero già più io fin dal primo sguardo, da subito insomma. “Ti sei accorta che tutti ti guardano? Brilli…” lui, estasiato. Io gli ho preso il bicchiere dalle mani, ho bevuto e mi sono consegnata a quello stronzo, ma allora credevo fosse il mio principe, completamente inerme. (si alza dal letto e prende la scatola di biscotti, cerca maldestramente di aprirla poi la ripone sul comodino) Tanto ho nausea, mi viene da vomitare… vomito? Beh, ricordando la scena ci sarebbe da farlo davvero.(scuote il capo) E poi siamo usciti e lui aveva una bella macchina sportiva e mi ha aperto lo sportello che ancora un po’ svengo dalla sorpresa, credo che l’ultimo uomo a cui l’ho visto fare fosse mio padre, che è morto da trent’anni, e poi mi ha portata in spiaggia (affettando un tono finto romantico) sai, adooooro la brezza di mare la notte, – mi ha preso le mani e mi ha guardato negli occhi: “che me ne faccio delle stelle se ho te accanto? (con gli occhi rivolti al cielo, in un gesto di insofferenza) sei talmente splendida, tu mi ferisci…” Capito che roba? E come fai a non cascarci con tutte le scarpe, che poi, a dire il vero, me le ero tolte, un tacco dodici non è l’ideale sulla sabbia, e lui le teneva in mano come fossero una cosa preziosa. Mi ha sfiorato le labbra con un bacio, siamo risaliti in auto, io sempre senza scarpe perché ero troppo intontita per fissare il laccetto, lui sempre guardandomi ogni tanto come fossi un’apparizione mistica, e mi ha portato sotto casa, ha aspettato che infilassi, non so come lo giuro, la chiave nel portone, che entrassi e che fossi dentro, al sicuro, mi ha detto poi, e soffiandomi un bacio con la punta delle dita è scivolato via silenzioso. Un film. Di quelli che piangi e che pensi ma che culo c’ha quella li’? E un po’ la odi anche, sai, tipo pretty woman? ECCO. Quella sera ero io.


(si alza di nuovo e prende di nuovo la scatola dei biscotti; stavolta riesce ad aprirla e comincia a sbocconcellarne uno, poi, con la scatola in mano, si risiede sul letto)
E come potevo saperlo, allora, che era tutto un bluff?
(ficcandosi in bocca un altro biscotto e parlando con la bocca piena) Bah, in effetti, se avessi ascoltato Anna il giorno dopo, qualcosa avrei anche potuto capire… è un pirla, Cri, tanto pieno di sé che non c’è posto per altro, Stefano dice che fa sempre così quando arriva in un posto nuovo: si attacca a qualcuna e la usa fino a quando non si muove sicuro; poi molla.
Seee, figuriamoci, tu non c’eri sul mare, non hai visto i suoi occhi. E tra me pensavo, tutta invidia mia cara, quel panzone di Silvio non ti guarda così da secoli, se mai lo avrà fatto.
Ero Sandra, capito? Sputata sputata… siete invidiose perché io, perché lui… Ma non me ne accorgevo, cazzo. Quando sei tu ad essere idiota mica te ne rendi conto. Non subito almeno. E così a testa bassa ho continuato a bermi le cose bellissime che aveva da dirmi, e più tardi mi sono drogata coi suoi baci e le sue mani, ah quelle, assuefazione, peggio che la coca credo, mai provata, però me la immagino così la dipendenza… come il mio corpo con le sue mani. Bastardo! (mangia un altro biscotto)
Piano piano via gli amici (sempre con la voce gigionesca) “cosa ce ne facciamo io e te della gente?”, sempre insieme notte e giorno, e io ero felice così, lo avevo tutto per me; poi una frase buttata lì “ma è necessario lo smalto scarlatto? Hai mani gentili, non è meglio nature?”, via lo smalto, via il trucco, gli orecchini, le gonne “hai gambe bellissime ma solo per me, ti dispiace?” A me? ma figurati amore.
La SCEMA!
Pantaloni non troppo attillati, maglie larghe, non un gioiello, capelli raccolti. Da Pretty Woman a Desperate Housewife in meno di sei mesi. E mia madre, un disco rotto: “quell’uomo non ti fa bene Cri, e non ti ama, ti mortifica, non lo vedi? Non lo capisci?” “Ma no mamma, è forse un po’ geloso, insicuro, sono tutta la sua vita, quando siamo da soli, sapessi…”
Anna aveva smesso di parlarne. Arrivavo in ufficio vestita come se andassi in palestra – una di quelle di periferia eh – mi lanciava uno sguardo sommesso, girava gli occhi e sigillava le labbra. Troppe volte l’avevo mandata affanculo, era stufa. Come darle torto?
(comincia a tirare giù piumone e lenzuola, a sprimacciare i cuscini, a scuotere il plaid e a dare aria al giaciglio)
E una sera lui dice, sulla porta di casa pronti per uscire, io e lui, “ti trascuri, cherie, (e poi, dolce finto) ma sei bella ugualmente” e io non rispondo e forse nemmeno registro.
Ed al mare, fine luglio, “certo che hai messo su peso, cinque chili?” Ma no, forse due, e non so neanche come. Forse sono le schifezze che mangio per noia. Ma taccio.
“Sembri mia madre, ti guardi allo specchio ogni tanto?”
No, vorrei dirgli. Ho smesso. Ho smesso da quando non mi trucco la mattina perché a te piace – piaceva dovrei dire? – il mio viso acqua e sapone. Ho smesso da quando non compro più nulla che non abbia la forma di un saio, perché le mie forme siano solo a tua disposizione e nessuno possa nemmeno immaginarle. Ho smesso perché mi spaventa non vedermi più la luce negli occhi.
Ma taccio. Ancora una volta. E abbasso la testa. Una donna ferita che si racconta le balle che si raccontano tante. Almeno non ti mette le mani addosso, mi dico.
E a cosa gli serve alzare le mani? Ha altri mezzi per ridurti uno straccio. Basta il suo sguardo, un misto di rabbia e disgusto. Da dove gli è uscito? Non ero una stella? Non brillavo, fulgida, nel suo firmamento? (finisce di rifare il letto, poi si siede sul bordo e si mette le mani in grembo, quasi sfibrata)
Stupida, stupida, stupida!
Buio

Terzo atto.
Il letto è illuminato adesso da una luce calda e tutto è in ordine. Sul piumone sono
appoggiati degli indumenti che vedremo nel dettaglio man mano che Cristina li
indossa. In sottofondo si sente la canzone “I will survive” di Gloria Gaynor.
(si sfila il pezzo di sopra del pigiama e volge le spalle al pubblico mentre pesca dal letto un reggiseno nero e lo indossa)
Mi sono svegliata una mattina e lui non c’era più. Via, sparito dalla mia casa, aveva portato via lo spazzolino e anche il dentifricio, ora che ci penso. Era sparito anche dalla mia vita. Non una telefonata, un messaggino, un incontro faccia a faccia per dire, ok vado: in ufficio mi hanno informato che aveva chiesto l’ennesimo trasferimento. Avanzamenti di carriera. Lui era un esperto. Negli ultimi cinque anni, quattro cambi di sede. Chissà se c’erano quattro sceme a pezzi da qualche parte, o se a me aveva riservato un trattamento di favore?
(esce un attimo di scena portandosi dietro un paio di slip neri, sentiamo la sua voce che continua a parlare) Ma poi, chi se ne frega? A me personalmente non mi cambia la vita. Scema sono, con o senza compagnia di altre sceme (rientra in scana in mutande e reggiseno neri e piegando il pezzo di sotto del pigiama. Mette insieme i due pezzi del pigiama e li ripone con cura sotto un cuscino. Quando si rialza si tiene alla spalliera del letto, come per un mancamento). Mi sento come dopo una lunga malattia. Le gambe a tratti non mi reggono, mi gira la testa. (si raddrizza) Ma stamattina ho voglia di caffè. (prende un paio di autoreggenti di pizzo nere e comincia ad indossarle seduta sul letto) Non credo di averne più in casa, non era abbastanza new age, meglio una bella tisanina al finocchio per cominciare la giornata, no? Magari con un bicchierozzo di acqua e succo di limone: toccasana per il fegato. Ma vai a cagare te e le tue stronzate, va’! (infila una gonna al ginocchio nera, abbastanza stretta) Beh, se non altro tra diete e dolore e lacrime sono tornata a infilare le mie cose di prima. Pensa se avessi dovuto rifarmi il guardaroba oltre che rappezzarmi l’anima? E meno male che non ho buttato via nulla. (prende una camicetta nera e rossa e la indossa sopra la gonna) Tiè! Anche la camicia mi sta a pennello. Sbottoniamo i primi due bottoni, và. (prova a sorridere ma le viene fuori una smorfia) Mi devo esercitare ancora, mi sa. Intanto svuoto gli armadi dagli stracci informi, li ficco dentro un trolley e oggi pomeriggio faccio una sorpresa ad Anna. Glieli lascio davanti alla porta di casa, senza un biglietto, senza niente. Chissà la sua reazione. Quando mi ha chiamato la settimana scorsa e le ho detto che avrei preso ferie, quelle che avevo giurato di usare per un viaggio con Paolo nei Fiordi a gennaio – io che amo il caldo e il mare! – si è preoccupata un po’ ma ho sentito che in fondo in fondo ce l’aveva ancora con me per la cantonata che avevo preso. Le amiche sono così, ti sopravvalutano. Non capiscono, proprio perché ti amano e sanno quanto sei forte e fica e indipendente, non capiscono come fai a diventare uno zerbino da un giorno all’altro. Non tollerano di vedere una sorella che si spoglia della sua libertà per consegnarsi ad un estraneo che non avrà cura di tanta bellezza. Certo, ci provano a darti una mano, ci provano a spalancarti gli occhi ma se tu dormi, dormi e loro si sentono escluse. Anna c’è e ci sarà sempre. Lei non sa che sto tornando, non ancora, ma lo scoprirà aprendo la cerniera del trolley. Speriamo non se lo freghino prima del suo arrivo.
(infila un giubbotto di pelle rossa e cammina scalza verso la quinta, dove si china e indossa un paio di ballerine rosse e prende una borsa nera)
Niente tacchi per ora, ho paura di cadere.
Mi ci vorrà un po’ per tornare agli antichi splendori, ma prima si comincia, meglio è! Adesso parrucchiera e poi estetista: unghie rosso fuoco, rosso sangue, rosso… rosso! E poi aperitivo con mia madre, che lo ha sempre saputo. Non è un uomo per te, amore mio, e quando te ne renderai conto sarà una mazzata. Ma la forza, a noi donne, non ci abbandona mai, altro che Skywalker!
(esce dalla scena e si sente il rumore della porta di ingresso che si chiude, ci arriva ancora la sua voce attutita) Ma guarda che giornata magnifica! È arrivata la primavera e io mi massacravo il cuore avvolta nel nodo delle mie lenzuola. Stupida, stupida, stupida!
(una risata e “I will survive” cantata a squarciagola con Gloria Gaynor)