Bisogna rimettersi in viaggio, potremmo fermarci a Bojnurd (circa 200 km), ma decidiamo di tirare fino a Quchan (300 km), lì saremo ormai vicini alla frontiera e potremo goderci un giorno di relax prima della tappa finale con l’ingresso in Turkmenistan.
In barba ai programmi riusciamo a fare solo una cinquantina di km, la ruota posteriore continua a bloccarsi a causa della pinza del freno che si surriscalda. A ogni pausa abbiamo degli incontri piacevoli con persone che si fermano o ci vengono incontro per salutarci. Alla fine però, piantati a bordo strada nel mezzo di un bosco stupendo, dobbiamo accettare il fatto che non possiamo proseguire.
In un villaggio appena passato ho notato dei carro-attrezzi fermi in uno spiazzo, torniamo indietro per caricar la moto e farla portare fino a Quchan.
Se non fosse per il guasto, che deprime un po’ il morale, il villaggio si trova in un ambiente gradevole, tra montagne boscose e campi gialli assolati. Nello spiazzo sterrato, a lato strada, c’è una fila di chioschetti fatti di canne con vestiti appesi che luccicano colori al vento.
Entro nell’officina e chiedo per il carro-attrezzi, il meccanico dice di portar dentro la moto. Guarda la ruota, si mettono in 2 o 3 ma non trovano il problema: la ruota a pinza fredda è libera. Chiamano un ragazzo che al telefono mi fa da interprete, dice che questo meccanico non è esperto di moto, ce ne vuole uno specializzato. Lui sta venendo per aiutarci nella comunicazione, nel frattempo mi invita salire in casa del meccanico per un tè. I ragazzi stanno già portando Mulo Pazzo nell’ingresso della palazzina dietro l’officina.
La casa è tutta nuova e l’appartamento ha il solito soggiorno con divano, qualche poltrona e in mezzo solo il grande tappeto. La moglie Sonia è una bella donna sui 35, lui, Reza, un circa quarantenne, ha la faccia di un brav’uomo. Ci sono anche quattro bambine (ma non sono tutte loro).
Amir, quello con cui ho parlato al telefono, ha circa 30 anni, è informatizzato (sempre con lo smartphone in mano) e ha una simpatica faccia grassoccia.
Come già provato in precedenza, si pranza sul pavimento apparecchiato a festa, bellissimo. Spaghetti con lenticchie, poi kebab, yogurt, pomodori alla griglia, salsine, formaggio, miele e un pane piacevolissimo (questo ha la forma di una grossa focaccia ellittica, molto morbido).
Si svolge un consesso con telefonate alla fine del quale Reza (via Amir) mi dice che portare la moto fino a Quchan non è conveniente. Consiglia invece di caricarla su un’auto e tornare a Gonbad Kavoos, lì c’è un meccanico di moto con cui hanno già parlato. Sono scettico:
“Ma sei sicuro che la riparano?”
“Sì”
“…allora proviamo.”

Lisa resta a casa con signora e bimbe.
Alla vista di Mulo Pazzo il motomeccanico è un po’ perplesso, d’altronde è abituato a lavorare su motorette. C’è però con lui un ciccione che, a dispetto della panza, si accovaccia agilmente a esaminare la situazione, dà l’impressione di capirci.
Nel frattempo si è aggiunto al gruppo Keivan, un amico di Amir, un insegnante di inglese nonché collega vegano.
La riparazione durerà un po’ e forse il meccanico non gradisce di lavorare, o fare i suoi tentativi, con tutti noi intorno, Reza ci porta in giro per la città e si ferma a fare acquisti da un grossista di ricambi auto suo fornitore. Questo ci fa accomodare e arriva il secondo tè in 10 minuti (il primo è stato dal motomeccanico). Loro lo bevono al volo, io invece tento di farlo raffreddare, ho sentito in TV che in queste zone del mondo il cancro all’esofago è più diffuso della media proprio a causa dell’usanza di tracannare tè rovente.
Il grossista è un uomo sui 45, appese al muro sopra la scrivania tiene le foto di Khomeini e dell’attuale guida suprema Khamenei, dopo qualche battuta mi chiede cosa ne penso di questi prelati. Mi sembra un uomo moderno e l’atmosfera è rilassata, guidato dalla mia congenita mancanza di astuzia e di fiuto per le situazioni, me ne esco con: “Credo che sia giusto che un credente possa seguire le regole della religione, ma se uno non crede non è giusto obbligarlo.”
Il negoziante risponde a lungo a Keivan e con un tono un po’ deciso, capisco di aver detto qualcosa di inopportuno. Keivan traduce: “Dice che gli uomini di religione fanno del bene a tutta la società e sono da rispettare perché aiutano molto i poveri…”
Con ottima scelta di tempo Reza ci chiama, dobbiamo andare.
Mi informa che stasera dormirò da lui. Avevo immaginato che sarebbe finita così, e mi fa piacere, mi trovo bene con queste persone. Torniamo tutti dal motomeccanico che sta ancora lavorando, ha completamente smontato la pinza del freno e sta ripulendo tutti i componenti, immagino che non sapendo cosa fare abbia tentato questa mossa. Reza e Amir ripartono in macchina, io e Keivan aspettiamo la riconsegna della moto.
È arrivata la sera, Mulo Pazzo è sistemata, pago 10 euro e ci prepariamo a ripartire.
Intanto arriva una telefonata da Lisa, l’ho lasciata a casa di Reza alle 2 del pomeriggio e ora sono le 8 passate. Ha visto tornare Reza senza di me, avrei dovuto chiamarla molto prima, mi sento una merda.
Keivan è in moto con me, io però non ho portato il casco, mi tocca fare una cinquantina di km senza neanche un riparo contro gli insetti negli occhi.
Guidare in queste condizioni è penoso, tento di proteggere dai moschini tenendo una mano davanti al viso e guardando attraverso le dita. Sento anche la responsabilità di far arrivare intero il mio passeggero. Riusciamo pure a sbagliar strada e perdiamo 20 minuti tra le stradine di campagna e nella totale oscurità. L’intervento del meccanico però pare sia stato efficace, il freno non da più problemi.
Quando arriviamo è quasi gioia: prova di guida notturna superata, Mulo Pazzo riparata, Lisa sorridente e cena pronta sul tappeto con bella gente attorno.

Sono tutti a piedi nudi. Noto che hanno dei piedi armoniosi, forse per il fatto che in casa circolano scalzi o magari perché indossano regolarmente sandali. Le dita sono arrotondate, ben diverse dalle nostre estremità deformi.
Ci chiedono se abbiamo figli, se siamo sposati, solito stupore alla nostra risposta. Visto che da loro un ragazzo e una ragazza non possono uscire insieme, chiedo come fanno a fidanzarsi. Reza dice che quando un uomo vuole sposare una donna manda i suoi genitori a parlare con quelli di lei e se questi accettano si possono sposare. Mi sembra che manchi qualche passaggio però non riesco a approfondire. Comunque a loro pare sia andata bene, Sonia e Reza hanno visi sereni e sembrano star bene.
Vogliono passare con noi la giornata di domani, propongono di fermarci un altro giorno e fare una gita nel parco nazionale del Goelstan lì vicino. Accettiamo con piacere.
Per la notte ci riservano una stanza completamente vuota (forse c’era un armadio e ovviamente il grande tappeto), immagino fosse la stanza dei genitori. Loro invece si sistemano in soggiorno, quando la mattina presto vedo genitori e figlie, tutti sdraiati a terra uno di fianco all’altra, registro con la mente una delle immagini più belle della vacanza.
Appena svegliati, ragionando con Lisa, decidiamo che non è il caso di fermarci. Perderemmo la giornata di riserva che ci siamo tenuti per la parte finale del viaggio. Non sarebbe una scelta prudente visti i frequenti problemi con la moto. Dispiaciuto dico a Reza che per noi è meglio evitare la gita nel parco e partire subito. Capisce il motivo e controbatte che il parco è sulla nostra strada, potremmo fare il pic-nic con loro e da lì proseguire per Quchan. E sia.

Il tempo non è un gran che, cielo grigio. La strada si addentra in una zona di montagne coperte di boschi. Keivan deve essersi divertito ieri sera, vuol fare in moto anche questo tratto. Eh sì, i due generosi pistoni di Mulo Pazzo sono ancora in grado di emozionare.
Lisa è in auto con Reza e famiglia. Dopo una ventina di km la comitiva si ferma in uno spazio attrezzato per grigliate.
Mentre Reza cucina, andiamo con Amir e Keivan a vedere una cascata poco lontana. I ragazzi spiegano che in questo parco nazionale ci sono molti animali come cervi e leopardi, si sono portati anche un libro di foto in cui effettivamente compare un leopardo (la guida però parla di ghepardi). Vogliono cominciare un’attività di guide turistiche, mi chiedono se gli italiani sarebbero interessati, per i boschi e i cervi forse no, se prospettate l’incontro col leopardo magari sì.
Quando la grigliata è pronta, anche Keivan deve rinunciare al veganismo.
Arriva il momento dei saluti, nel parcheggio sterrato, come dietro una regia teatrale, ci troviamo Lisa, Mulo Pazzo e io da una parte mentre tutti loro sono schierati in fila lì di fronte. Oltre agli ovvi ringraziamenti sento che sarebbe il momento di dire qualcosa di non troppo banale, provo:
“Tutto questo mi rende felice perché è la dimostrazione che spesso da una da una cosa brutta può venir fuori una cosa bella, ovvero questi due giorni passati con voi e la vostra amicizia.”

Nicola Bennati
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